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RICERCA CLINICA

Ricerca clinica

La Ricerca Clinica è una procedura sperimentale che ha come attori principali: il paziente da una parte e i clinici sperimentatori dall'altra; e come scopo primario la valutazione dell'efficienza di tecniche mediche nuove o già consolidate.

Nel corso degli anni le modalità di fare ricerca clinica si sono modificate continuamente con l'utilizzo di nuove tecnologie e di nuovi strumenti che hanno affiancato il clinico, ma e da un paio di decenni che si è arrivati all'opinione comune che, per fare ricerca clinica specializzata con una base affidabile di conoscenza è necessario obbedire ai principi fondamentali della sperimentazione scientifica.
La Sperimentazione Clinica, o Trial Clinico
La Sperimentazione Clinica, o Trial Clinico, rappresenta un modo pianificato di fare Ricerca Clinica condotto su pazienti e disegnato allo scopo di definire quale sia il migliore dei trattamenti possibili per i futuri pazienti affetti da una specifica condizione patologica. La pianificazione della sperimentazione clinica prevede che ipotesi sperimentale, osservazione, misurazione, classificazione dei dati ed interpretazione dei risultati obbediscano a criteri di rilevanza scientifica, fattibilità etica e correttezza metodologica.
La Sperimentazione Clinica, o Trial Clinico

La Sperimentazione Clinica, o Trial Clinico, rappresenta un modo pianificato di fare Ricerca Clinica condotto su pazienti e disegnato allo scopo di definire quale sia il migliore dei trattamenti possibili per i futuri pazienti affetti da una specifica condizione patologica. La pianificazione della sperimentazione clinica prevede che ipotesi sperimentale, osservazione, misurazione, classificazione dei dati ed interpretazione dei risultati obbediscano a criteri di rilevanza scientifica, fattibilità etica e correttezza metodologica.

  • Rilevanza scientifica
    Ogni sperimentazione clinica deve prevedere la risposta ad un valido quesito clinico che possieda caratteristiche di plausibilità e rilevanza.

    Base di partenza per la conduzione di una sperimentazione clinica deve essere la conoscenza della frequenza e della prognosi della patologia oggetto di studio, così come la conoscenza dell'efficacia e della tossicità dei trattamenti attualmente disponibili.

    Affinchè la sperimentazione risulti plausibile debbono essere note le caratteristiche di efficacia e di tossicità del nuovo trattamento, in modo da evidenziare gli elementi per cui esso potrebbe rappresentare un miglioramento rispetto al trattamento standard.

    Non da meno deve essere la valutazione della rilevanza della sperimentazione: al di là della dimostrazione matematica della significativa differenza dei risultati (anche una piccola differenza può risultare statisticamente significativa quando i campioni in esame siano particolarmente numerosi), occorre che tale differenza possieda una significatività clinica, in quanto risultati di scarsa rilevanza clinica è improbabile che possano modificare la pratica terapeutica.
    01
  • Fattibilità etica
    Ogni sperimentazione clinica richiede un'attenta valutazione riguardo all'eticità della partecipazione dei pazienti allo studio. I principi etici che l'attuale società civile si impone sono sottolineati nella Dichiarazione di Helsinki, proposta dalla World Medical Association nel 1960 ed integrata successivamente nel 1975. Il medico è tenuto ad operare per il beneficio del paziente e ad evitare che subisca qualsivoglia danno morale o fisico ed il paziente deve essere libero di decidere della propria salute. Di preminente importanza è, dunque, evitare qualsiasi sofferenza, effetto indesiderato o diminuzione della libertà di scelta a coloro che partecipano alla sperimentazione clinica. Esiste un chiaro conflitto tra l'obbedienza alle regole della sperimentazione clinica controllata e la prevalenza dell'interesse del singolo paziente. L'etica individuale richiede che il singolo paziente riceva il trattamento che sia ritenuto il migliore ai fini del suo beneficio, mentre l'etica collettiva è volta al progresso della conoscenza scientifica per offrire la migliore terapia ai pazienti futuri. Applicare al singolo paziente il trattamento ritenuto più idoneo significherebbe utilizzare la terapia che il suo curante ritiene essere la migliore, ma la decisione del curante rappresenterebbe solo un'opinione, se non fosse suffragata dal principio di validità dei grandi numeri derivati dagli studi controllati. La metodologia del controllo e del confronto è quella che ha permesso i progressi della scienza moderna e non solo in campo medico-oncologico. La conduzione della sperimentazione clinica controllata richiede, ovviamente, un bilanciato compromesso tra l'etica dell'individuo e l'etica collettiva: la principale motivazione del clinical trial è il soddisfacimento dell'etica collettiva, ma è doveroso prestare altrettanta attenzione all'etica dell'individuo e rifiutare la sperimentazione che richieda una completa rinuncia alla libertà di scelta del paziente. Di qui la necessità del consenso informato da parte del paziente e la necessità di un Codice di Deontologia Medica capace di rappresentare la guida alla progettazione, conduzione, registrazione e relazione degli studi clinici condotti su soggetti umani. In Italia la problematica del consenso all'atto medico e dell'adeguata informazione è stata di recente attualità ed ha portato tra l'altro alla promulgazione del Decreto Ministeriale 15 luglio 1997 “Recepimento delle linee guida dell'Unione Europea di buona pratica clinica per la esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali” (Gazzetta Ufficiale, 191, 18 agosto 1997). Questo documento definisce “ la buona Pratica Clinica (Good Clinica Practice o GCP) è uno standard internazionale di etica scientifica per progettare, condurre, registrare e relazionare gli studi clinici che coinvolgono soggetti umani. L'aderenza a questi standard di GCP garantisce pubblicamente non solo la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti che partecipano allo studio, in conformità con i principi della Dichiarazione di Helsinki, ma anche l'attendibilità dei dati relativi allo studio clinico” - “Questa linea guida di Buona Pratica Clinica ha l'obiettivo di fornire uno standard comune a Unione Europea (UE), Giappone e Stati Uniti per facilitare la mutua accettazione dei dati clinici da parte delle autirità regolatorie di queste aree geografiche”
    02
  • Correttezza metodologica

    In campo oncologico si riconoscono vari tipi di clinical trials, tutti inerenti a nuovi approcci al trattamento del cancro e basati sull'impiego della chirurgia, della terapia radiante e della chemioterapia.


    Oggetto di studio sono la prevenzione, la diagnosi, il controllo, la terapia, così come l'impatto psicologico della malattia o il miglioramento della qualità di vita.

    03
  • Rilevanza scientifica
    Ogni sperimentazione clinica deve prevedere la risposta ad un valido quesito clinico che possieda caratteristiche di plausibilità e rilevanza.

    Base di partenza per la conduzione di una sperimentazione clinica deve essere la conoscenza della frequenza e della prognosi della patologia oggetto di studio, così come la conoscenza dell'efficacia e della tossicità dei trattamenti attualmente disponibili.

    Affinchè la sperimentazione risulti plausibile debbono essere note le caratteristiche di efficacia e di tossicità del nuovo trattamento, in modo da evidenziare gli elementi per cui esso potrebbe rappresentare un miglioramento rispetto al trattamento standard.

    Non da meno deve essere la valutazione della rilevanza della sperimentazione: al di là della dimostrazione matematica della significativa differenza dei risultati (anche una piccola differenza può risultare statisticamente significativa quando i campioni in esame siano particolarmente numerosi), occorre che tale differenza possieda una significatività clinica, in quanto risultati di scarsa rilevanza clinica è improbabile che possano modificare la pratica terapeutica.
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  • Fattibilità etica
    Ogni sperimentazione clinica richiede un'attenta valutazione riguardo all'eticità della partecipazione dei pazienti allo studio. I principi etici che l'attuale società civile si impone sono sottolineati nella Dichiarazione di Helsinki, proposta dalla World Medical Association nel 1960 ed integrata successivamente nel 1975. Il medico è tenuto ad operare per il beneficio del paziente e ad evitare che subisca qualsivoglia danno morale o fisico ed il paziente deve essere libero di decidere della propria salute. Di preminente importanza è, dunque, evitare qualsiasi sofferenza, effetto indesiderato o diminuzione della libertà di scelta a coloro che partecipano alla sperimentazione clinica. Esiste un chiaro conflitto tra l'obbedienza alle regole della sperimentazione clinica controllata e la prevalenza dell'interesse del singolo paziente. L'etica individuale richiede che il singolo paziente riceva il trattamento che sia ritenuto il migliore ai fini del suo beneficio, mentre l'etica collettiva è volta al progresso della conoscenza scientifica per offrire la migliore terapia ai pazienti futuri. Applicare al singolo paziente il trattamento ritenuto più idoneo significherebbe utilizzare la terapia che il suo curante ritiene essere la migliore, ma la decisione del curante rappresenterebbe solo un'opinione, se non fosse suffragata dal principio di validità dei grandi numeri derivati dagli studi controllati. La metodologia del controllo e del confronto è quella che ha permesso i progressi della scienza moderna e non solo in campo medico-oncologico. La conduzione della sperimentazione clinica controllata richiede, ovviamente, un bilanciato compromesso tra l'etica dell'individuo e l'etica collettiva: la principale motivazione del clinical trial è il soddisfacimento dell'etica collettiva, ma è doveroso prestare altrettanta attenzione all'etica dell'individuo e rifiutare la sperimentazione che richieda una completa rinuncia alla libertà di scelta del paziente. Di qui la necessità del consenso informato da parte del paziente e la necessità di un Codice di Deontologia Medica capace di rappresentare la guida alla progettazione, conduzione, registrazione e relazione degli studi clinici condotti su soggetti umani. In Italia la problematica del consenso all'atto medico e dell'adeguata informazione è stata di recente attualità ed ha portato tra l'altro alla promulgazione del Decreto Ministeriale 15 luglio 1997 “Recepimento delle linee guida dell'Unione Europea di buona pratica clinica per la esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali” (Gazzetta Ufficiale, 191, 18 agosto 1997). Questo documento definisce “ la buona Pratica Clinica (Good Clinica Practice o GCP) è uno standard internazionale di etica scientifica per progettare, condurre, registrare e relazionare gli studi clinici che coinvolgono soggetti umani. L'aderenza a questi standard di GCP garantisce pubblicamente non solo la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti che partecipano allo studio, in conformità con i principi della Dichiarazione di Helsinki, ma anche l'attendibilità dei dati relativi allo studio clinico” - “Questa linea guida di Buona Pratica Clinica ha l'obiettivo di fornire uno standard comune a Unione Europea (UE), Giappone e Stati Uniti per facilitare la mutua accettazione dei dati clinici da parte delle autirità regolatorie di queste aree geografiche”
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  • Correttezza metodologica

    In campo oncologico si riconoscono vari tipi di clinical trials, tutti inerenti a nuovi approcci al trattamento del cancro e basati sull'impiego della chirurgia, della terapia radiante e della chemioterapia.


    Oggetto di studio sono la prevenzione, la diagnosi, il controllo, la terapia, così come l'impatto psicologico della malattia o il miglioramento della qualità di vita.

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Fasi

La maggior parte dei clinical trials viene condotta per fasi: ogni fase ha lo scopo di fornire specifiche informazioni alla conoscenza clinica e per ogni fase risultano eligibili pazienti con specifiche condizioni cliniche.
1
Studi di fase I
Scopo degli studi di fase I è quello di stabilire la migliore via di somministrazione di una nuova sostanza che si sia dimostrata attiva contro il cancro ed è quello di stabilire il margine terapeutico ovvero il limite tra efficacia terapeutica sulla neoplasia e tossicità per l'organismo colpito dalla neoplasia. Questi studi implicano considerevoli rischi di tossicità, visto che questa non è prevedibile con tests di laboratorio o mediante sperimentazione sull'animale: per questo motivo gli studi di fase I vengono proposti solo a pazienti per i quali non si conosce altro possibile ed efficace trattamento.
2
Studi di fase II
Una volta che sia stata stabilita la più adeguata dose terapeutica di un nuovo trattamento, si procede alla fase II con lo scopo di verificare in quale tipo di neoplasia esso sia efficace. Usualmente non più di 100-200 pazienti con neoplasia di pari istologia e non più responsiva ai trattamenti convenzionali vengono sottoposti al nuovo protocollo terapeutico. Se la neoplasia mostra una misurabile riduzione per almento un mese e se almeno il 20% dei pazienti rispondono in tal senso, allora il trattamento viene giudicato attivo nei confronti di quella neoplasia.
3
Studi di fase III
Dopo che un nuovo trattamento si è mostrato ragionevolmente efficace nei confronti di una specifica neoplasia è necessario che venga comparato con quello che è considerato lo standard terapeutico attuale. Scopo di questi studi è la ricerca di nuovi trattamenti che possano produrre un incremento della risposta ottenibile con i trattamenti standard. La migliore risposta consiste in più lunga sopravvivenza e/o minore percentuale di ricaduta e/o miglioramento della qualità di vita e/o minore incidenza ed entità di effetti collaterali. Gli studi di fase III richiedono campioni di pazienti molto numerosi per poter giungere a dimostrare, con “ragionevole certezza”, che i risultati ottenuti differiscono in maniera significativa in funzione del tipo di trattamento.
4
Studi di fase IV
Un trattamento che, superando in uno studio fase III l'efficacia dell'attuale standard, divenga il nuovo standard terapeutico, necessita di ulteriore monitoraggio a seguito dell'approvazione ministeriale e della commercializzazione. Questa fase di sorveglianza è necessaria ad individuare eventuali effetti collaterali e a confermare l'efficacia del trattamento quando esso viene impiegato su larga scala e per lunghi periodi di tempo.